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Condividi il tuo dolore

Fermati un secondo ed immagina.
Immagina un auditorium vuoto.
Immagina di riempirlo piano piano con i tuoi familiari ed i tuoi amici.
Ora immaginati in piedi davanti a tutte queste persone raccontando loro le cose più dolorose e spaventose che stai passando, che provi o che pensi, in modo dettagliato.

Dopo averti ascoltato pensi possano conoscerti meglio? (attenzione…ho volutamente utilizzato il verbo conoscere e non capire…c’è differenza…)
Per la maggior parte di noi sospetto che la risposta sia “si, molto meglio”

E questo ti spaventa? Ti mette a disagio?
So già che la risposta è sì…a questo punto, Perché?

Condividere il proprio dolore o la propria sofferenza con gli altri è una sfida per ognuno di noi, lo so, lo è stato anche per me.
Questo perché quando si tratta di permettere agli altri di “vedere” le nostre emozioni negative, il più delle volte ci si paralizza, si devia la conversazione arrivando a sopprimere l’impulso di verbalizzare, le motivazioni possono essere:

“Non capirebbero quello che sto passando.”
“È troppo imbarazzante ammetterlo”
“Glielo racconterò quando starò meglio”
“Le mie emozioni negative sono e devono rimanere private”

Qualcuno di questi pensieri a cui ti appoggi per non aprirti ti suona familiare?

A questo punto fermati un minuto a pensare, sei sempre stato così?
D’impeto la tua risposta potrebbe essere sì, in realtà posso assicurarti che è un no.
Sicuramente quando eri bambino non ti sei trattenuto molto dall’esprimere il tuo dissenso, la tua rabbia o la tua sofferenza, magari a gran voce.
Il cambiamento è stato lento e costante.
Le nostre esperienze infantili, in particolare i traumi, hanno effetti profondi sulla visione di noi stessi e sulle idee sull’amore, l’autostima e la connessione. Le credenze depotenzianti che accumuliamo continuano a sobbollire inconsciamente e ci spingeranno ad agire in modi infinitamente malsani, incluso sentirci troppo indegni, apatici o timorosi per accettare la presenza di un altro essere umano all’interno del nostro lato ombra.

La nostra oscurità è reale e parte di noi, sia che la riconosciamo o meno.
Per questo non possiamo dire con onestà di esserci fatti conoscere da qualcuno a meno che non mostriamo sia la luce che l’oscurità.

Questo va oltre la conoscenza reciproca.
È introducendo in una relazione (di qualsiasi tipologia) la presenza del dolore che guariamo da esso, andiamo avanti e troviamo la pace.
Al contrario negando e rinnegandolo, il dolore prende spazio nel nostro essere, attraverso la dipendenza, la paura, l’ansia e la malattia. È fondamentale trovare un sano equilibrio tra abbracciare il nostro dolore e permettere agli altri di accettare la nostra paura, la nostra vergogna, la nostra rabbia e la nostra tristezza.

Posso capire perfettamente la reticenza nel volerti mostrare, e, a volte, va bene così.
Tuttavia, ti invito a riflettere sul fatto che ciò che abbiamo più paura che gli altri vedano di noi sono esattamente le cose che desideriamo più profondamente che vedano.
Per questo ti invito a fare lenti e dolci passi per trovare modi in cui essere più vulnerabile ed esprimere il tuo dolore a persone a cui decidi di dare fiducia.

Dubbio atroce: “ e se la persona a cui affido il mio lato ombra non capisse o non riuscisse a gestire questa parte di me?”
Verissimo, scoprirai che qualcuno ti sarà di sostegno e altri no.

A questo punto la domanda da porsi è: “voglio davvero avere al fianco qualcuno che non mi è di nessun supporto?”

Prova ad immaginare la sensazione di avere qualcuno che possa esserti di sostegno… Come ti sentiresti ad essere veramente conosciuto e accettato nella tua interezza?
Forse declinerai tale sentimento come amore, integrità, sollievo o pace.

Ma qualunque sia, ti posso assicurare, vale la pena inseguirla.

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